Il primo compito di un balcone è di dialogare con la strada, con la sua gente, di metterci in rapporto con essa e con quanto vi accade. E’ un occhio e un orecchio verso la strada.
Ippolito Pizzetti
E verso la casa, aggiungiamo noi, perchè questa struttura, dalla duplice personalità – estroversa e spigliata per intrattenere rapporti con tutta la città e allo stesso tempo, timida e riservata per il suo essere parte di un’intimità domestica – è lo spazio che sempre più disegnerà più gli ambienti urbani.
E allora ecco le 8 interpretazioni dei giovani progettisti, vincitori del concorso Balconi per Roma.
BIRDBALCONY di Manuela Ronci
E’ un balcone che riproduce in piccolo un birdgarden – giardino che funge da habitat per uccelli e altri animali – e ospita essenze vegetali autoctone e diverse specie animali. Gli elementi indispensabili sono una siepe di arbusti (Crataegus monogyna e Rosa canina), un albero, anche di piccole dimensioni (Arbutus unedo ‘Compacta’), una bordura fiorita (Agrostemma githago, Centaurea cyanus, Cynara cardunculus, Papaver rhoeas, Ranunculus repens e Taraxacum officinale), acqua, cibo e riparo.
Il balcone è pensato per ospitare alcuni Passeriformi molto diffusi nel Comune di Roma (come il cardellino, il verdone, il passero, la cinciallegra, la cinciarella, etc.), per cui presenta mangiatoie e nidi artificiali adatti a impedire il disturbo da parte di specie aggressive. La speranza è che dei piccoli interventi puntuali replicabili possano garantire la sopravvivenza di molte specie e favorire la biodiversità in ambito urbano.
DADA TERRASSE di Alice Del Castello
E’ il Cabaret Dadaista ad ispirare questo progetto. Il cerchio come elemento principale della struttura, rimanda ai costumi usati in quel periodo e diventa simbolo d’inclusione, perché questo balcone vuole essere un palco per la condivisione tra le persone.
La struttura principale è in legno, cui sono applicati dei cerchi, tra cui spuntano piante, lampadine e fogli di plastica colorata che creano effetti di luce. Insomma come se ci trovassimo su un piccolo palcoscenico.
Green Room si può riassumere in un concetto: “Scappare dalla città restando in città”. Il balcone di casa si trasforma in una stanza verde, piena di specie vegetali capaci di mitigare tutti quegli aspetti negativi di uno spazio urbano.
Il semplice prolungamento di un edificio, diventa un luogo accogliente in cui rallentare e staccare la spina per un po’.
Una struttura modulare in acciaio, permette di inserire, in maniera del tutto libera, un vero e proprio cuscinetto naturale – piante ed elementi di legno – a protezione dello smog e della rumorosità urbana. Le essenze aromatiche e speziate, tipiche della macchia mediterranea (la lavanda, gelsomino, menta, salvia, rosmarino, basilico e peperoncino) possono dare nuova vita non solo al balcone ma alla facciata dell’intero edificio.
IL BALCOSCENICO, di Mattia Consilvio, Deborah Catalano, Lodovico Pescinato
Balcoscenico nasce quindi dall’interpretazione di un modello di balcone incentrato sul rapporto tra questo elemento, quelli circostanti e lo spazio pubblico. Tradizionalmente, quando si parla di balconi, si pensa a uno spazio domestico, di modeste dimensioni, residuale, e spesso poco curato e vissuto. Balcoscenico inverte la tendenza e lo integra nella casa e nell’edificio.
La relazione interno/esterno è resa visibile attraverso un palcoscenico, in cui la scena è la rappresentazione del rapporto tra attore (il mondo intimo della casa) e spettatore (la città). La suggestione nasce da uno spettacolo teatrale ambientato in un luogo particolare: un seminterrato adibito per l’occasione a teatro informale. Balconscenico invita a riflettere sul balcone quale piccolo teatro all’aperto, ampliando la nozione di scena rispetto allo spazio domestico.
La Natura non è una semplice decorazione, ma ripara le fratture del marmo e dell’animo umano: foglie e fiori emergono rigogliosi dai vuoti lasciati dai frammenti ormai perduti. Il balcone diventa inoltre spazio performativo in cui il pubblico è invitato a partecipare alla ri- composizione del fregio con un’azione di collage, per riflettere così sulla straordinaria complessità del codice botanico rappresentato nel bassorilievo originario.