Il Giardino Giapponese

Storia del Giardino Giapponese del Museo Orto Botanico

Possiamo definire il giardino giapponese come uno spazio in continuità con l’ambiente circostante. Uno stilema compositivo, un modo tutto particolare di comporre/scrivere lo spazio del giardino. Il riconoscimento della progettazione dei giardini come forma artistica, è avvenuto in Giappone tra la fine XI sec. e la seconda metà del XII, periodo nel quale i principi estetici sono stati codificati in un trattato, il Sakuteiki (Annotazioni sulla composizione dei giardini). Il Sakuteiki rappresenta quindi una precoce consacrazione del giardino come forma d’Arte.

Il giardino giapponese – circa 3500 mq – progettato dall’architetto Nakajima nel 1990 su incarico dell’Imperatore del Giappone, rientra nella tipologia Tsukiyama (piccola collina). A differenza dei giardini da contemplazione monastici (Kare-sansui) che hanno punti di vista fissi, qui il percorso guida il visitatore attraverso alcune scene focali. Si sviluppa su due livelli collegati tra loro da una cascata e piccoli torrenti che formano due laghetti, uno inferiore e uno superiore. Sotto l’Azumaya, il padiglione in legno di cedro archetipo della capanna tradizionale del giardino orientale, lo sguardo si posa sulla città di Roma.

La tecnica compositiva è quella del “paesaggio preso in prestito” o Shakkei, che fa comprendere l’atteggiamento giapponese nei confronti del giardino e accogliere le vibrazioni della natura e del paesaggio creando un luogo in cui mondo reale e immaginario coincidono.

Le 60 specie vegetali presenti – tra cui Acer palmatum, Acer buergerianum, Magnolia stellata, Cerasus serrulata, Kerria japonica, Dhalia imperialis, Camelia japonica – sono emblematiche del giardino giapponese.

Oltre ad avere una valenza filosofica, poetica ed artistica, richiamano lo scorrere delle stagioni, in particolare in primavera la fioritura dei ciliegi viene celebrata dall’Hanami. Nella loro disposizione c’è il preciso intento di conferire naturalezza alla mano dell’uomo, l’Autore cerca di riflettere lo stato d’animo di chi osserva, accompagnandolo alla riscoperta del rapporto intimo tra uomo e natura.

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