Fernando Caruncho ha un dono: sa cogliere il significato di uno spazio.
Riesce ad ascoltarlo e a connettervisi attraverso la geometria e la luce, quella che lui chiama genius loci.
“Il giardino è una geometria illuminata dalla luce che mette in connessione l’essere umano con il paesaggio e quindi con il cosmo”.
Ciò che definisce il lavoro di Caruncho non è tanto la precisione formale quanto la comprensione di un giardino come mezzo tra l’uomo e la natura.
Una definizione ampia che include qualsiasi cosa, da “un balcone con due vasi o un vaso in una finestra” a un “giardino agricolo” di parterre ordinati e quadrati piantati con grano, come in Catalogna.
I suoi progetti confondono il confine tra lo spazio privato del giardino e la distesa aperta al di là. Il fitto raggruppamento di piante e prati vuoti fanno tutti parte di una composizione che comprende le valli, le montagne e il cielo; la sua tavolozza minimale si armonizza con l’intero spettro del mondo naturale.
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Il giardiniere filosofo
“Sono jardinero non paesaggista”.
Fernando Caruncho è filosofo di formazione e garden designer di professione con l’Andalusia nel cuore, la geometria, l’acqua e la luce nei progetti.
Dal bisnonno paterno – che con la sua fabbrica di gas illuminò Cuba- ha ereditato la passione per lampade e lanterne, tanto da avviare 30 anni fa una piccola produzione in bronzo e rame.
Al nonno materno, profumiere per tutta la vita, deve invece la sua scelta di diventare jardinero.
Da lui ha imparato molte cose e tante di più, ne ha ereditate senza esserne cosciente. Questo è ciò che lui chiama l’invisibile: cose ti sono date senza una precisa volontà o ricerca.
“L’olfatto è intrinsecamente connesso al giardino. Probabilmente sono un giardiniere per via dei miei ricordi degli aromi del gelsomino, dei parterres di bosso, degli alberi di Giuda (che in spagnolo si chiamano alberi dell’amore) nell’ Alameda di Ronda, dei fiori di mandorlo in primavera, e del panorama mozzafiato e paesaggio odoroso che si può godere dal balcone del fiume Tajo.”
Sono gli studi filosofici – in particolare dei presocratici – ad averlo condotto in giardino perchè, come ripete spesso, “per essere un filosofo devi essere un jardinero ed essere un jardinero è solo un modo per essere umano.”
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Il giardino per Fernando Carruncho
“L’Accademia di Platone era un giardino; il Liceo [dove insegnava Aristotele] era un giardino; la Stoà, dove si incontravano i filosofi stoici, era in un giardino.”
Il giardino per Caruncho è uno spazio senza tempo.
Un luogo di contemplazione che trasforma, eleva, sublima.
Una costruzione spirituale – dichiara in un’ intervista – che comincia nel cuore: una volta entrato il genius loci dentro di te, ritorna trasformato in un’idea che si fa materia.
Il giardino è quindi il paradiso.
E per renderlo tale è necessario insegnare la poesia, la musica, le speculazioni filosofiche, perchè l’anima non nutrita muore.
Nel giardino, l’uomo trova le sue personali corrispondenze con il mondo.
“Siamo tutti anelli di una stessa catena del percorso circolare del tempo. Siamo il presente del passato, del presente, del futuro, e il giardino ci aiuta a comprendere questa pluridimensionalità“.
E questo che ci rende consapevoli di quanto siamo collegati alla storia, alle nostre radici in un processo che però, senza mai dimenticare il passato, guarda verso il futuro.
Senza la memoria passata il paesaggista perde di ogni significato.
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L’importanza della geometria e della luce
La geometria rappresenta per Caruncho il mezzo per stabilire un contatto con lo spirito del luogo, lo strumento fondamentale per tradurre l’idea di giardino in realtà.
È attraverso il linguaggio della geometria – primo segno tracciato dall’umanità sulla superficie terrestre – che riesce a connettersi allo spazio.
Non caso, all’ingresso della sua Accademia, Platone aveva fatto scrivere: “qui non entri nessuno che non sappia la geometria e che non creda che la geometria sia conoscenza”.
Per il garden desinger non esistono però giardini dalle forme geometriche o organiche. Questa è solo una distinzione della mente, ossessionati come siamo dal disegno, fondamentale in architettura ma non in giardino.
La luce, materia di trasformazione, è il secondo elemento utilizzato da Carruncho per interpretare un luogo.
Suggestionato ed ispirato dall’utilizzo che della luce fa il pittore di nature morte, oggetti e ritratti Francisco de Zurbàran, Carruncho è certo che questa abbia “una fisicità, così palpabile che può essere quasi toccata“.
La luce è una presenza così forte che da sola ha il potere di dar vita ad un giardino capace di favorire il silenzio, la meditazione e l’incontro con sé stessi.
Ed è per questo motivo che nella realizzazione di un luogo, l’utilizzo della luce, è una più questione d’attitudine che non una considerazione circa le dimensioni o l’ economia dello spazio.
I suoi giardini sono scatole luminose in cui la verità si rivela permettendo ad ognuno di entrarvi in contatto. Luoghi di contemplazione a più dimensioni, trasformati in paradiso dalla presenza degli alberi perché “un albero è il percorso di collegamento tra la terra e il cielo”.
“Il Genius Loci si esprime quindi fondamentalmente nel Genius Lumen.
Quando la luce si rivela dentro di me, il mio legame con il luogo si esprime negli schizzi. Un processo difficile da spiegare che appartiene ad un’emozione personale e molto intima.”
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L’utilizzo delle piante
Le piante rappresentano per Caruncho la gioia di vedere qualcosa di straordinario che in quel posto prima non esisteva, ma la loro presenza è ridotta al minimo per permettere all’animo di concentrarsi.
Come altrettanto ridotta è la presenza di fiori che lui considera le “note forti” di una sinfonia che, se suonata troppo spesso, diventa una distrazione rumorosa e inquietante.
È possibile avere un giardino senza piante.
“A Firenze – racconta – nel cortile dell’Ospedale Santa Maria Annunziata c’è una sola pianta: un limone in una terracotta nel mezzo. Di più sarebbe un disastro“.
Bastano luce, geometria e acqua.
Piccoli o grandi specchi d’acqua permettono infatti “al cielo di scendere in giardino“.
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L’iter creativo
Ogni progetto inizia con una visita allo spazio in cerca delle idee che sono già lì. Nella luce, nella terra, nel clima, nel luogo.
Vanno solo lette e poi si disegnano a sole.
Se questo non accade, attende.
Un’attesa – come la definisce lui stesso – del Genius Loci o del Genius Lumen.
È infatti convinto che sono le cose che vogliono entrare contatto con noi.
Noi dobbiamo solo fare loro spazio conformandoci all’attesa.
Questo processo comincia e si sviluppa da solo, l’importante è aprire mente e occhi per essere presente.
Le impressioni poi si traducono in schizzi velocissimi, quindi in un plastico, in un modello in scala.
Il suo è un processo interattivo che consente al suo team di sperimentare la topografia e la struttura del progetto.
Il design viene ottimizzato e le revisioni richieste dal cliente vengono incorporate prima che i dettagli siano finalizzati in un libro di piani che sarà inviato agli architetti locali.
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Il messaggio di Carruncho ai giovani
Qual è il consiglio di Fernando Caruncho ai giovani progettisti?
Cercate prima voi stessi e il vostro giardino e coltivate il vostro giardino.
Ogni persona ha un giardino dentro la sua mente e la sua anima. Il primo giardino, il giardino del paradiso è impresso nella nostra memoria inconscia ed è la nostra prima casa. Dal nostro giardino interiore, siamo uniti alla verità del paesaggio.
Il giardiniere è una persona che deve coltivarsi prima di realizzare un giardino, per poter così riflettere il mondo profondo che porta dentro di sé nella creazione della sua opera.
Per arrivare a fare un giardino, il giardiniere deve scoprire il mondo e non lo può scoprire se non coltiva in se stesso la sua anima.
Un giovane progettista che intende accettare questa sfida – sostiene Carruncho – avrà bisogno non solo di competenze scientifiche, tecniche botaniche, ma di una comprensione delle diverse arti. Dovrà viaggiare il più possibile per avere una profondità di esperienze cui attingere.
Riempire la sua anima di ricordi: la memoria è la madre della musa. Più ricordi hai, più sei.
Senza memoria e conoscenza è impossibile trasformare la realtà.
In ogni giardino si rivela l’anima di chi lo ha creato, rendendolo speciale. Senza questo, qualsiasi giardino sarà un’esperienza banale.
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“Il giardino è sempre stato un luogo al di là della politica, della religione, della differenza tra le persone. Temo che il rapporto tra l’umanità e il mondo naturale sia cambiato, che ci stiamo relazionando ad esso solo in modo scientifico. L’unico modo per continuare è tornare in giardino“.