Abitavamo in una casa costruita in pendenza, in cima ad un dirupo. Bisognava inchiodare le sedie al pavimento e non potevamo mangiare spaghetti ma solo cibi che aderissero al piatto!
Anche nel ristorante/studio di ricerca progettato da Snøhetta nel punto più meridionale della costa norvegese, tutto è un po’ di sbieco, come la casa e la vita della piccola Silver del romanzo di Janette Winterson, Il custode del Faro.
Nata dalla visione di uno studio che immagina paesaggi nei paesaggi e punta sui poteri curativi della Natura, questa lunga (33m) struttura in cemento che sembra appena emersa dall’oceano o colata a picco per metà, dipende dai punti di vista, ospita il primo ristorante subacqueo d’Europa e un laboratorio destinato a ricerche marine.
Come un vecchio relitto che nasconde un tesoro, l’edificio è progettato per resistere alla pressione e agli urti dalle condizioni del mare, integrarsi completamente con l’ambiente marino e cambiare nel tempo. La ruvidità del guscio di cemento si trasformerà piano piano, nel giusto habitat per patelle e alghe.
Il legno di quercia che riveste le pareti e i pannelli in tessuto del soffitto che ricordano i colori di un tramonto che cade nell’oceano, sono la metafora di un viaggio dalla terra verso il mare e sono anche gli ultimi elementi che legano chi vi accede alla terraferma. Poi si scende… sempre di più … fino ad arrivare in una piccola sala da pranzo con una straordinaria vista sul fondale marino che cambia durante le stagioni e offre una raffinata esperienza culinaria, grazie anche al suo chef Nicolai Ellitsgaard, basata su prodotti locali di alta qualità catturati in modo sostenibile.
E negli orari di chiusura, questa strana Atlantide, si trasforma in laboratorio destinato alle ricerche di team specializzati per raccogliere dati necessari a sostenere la fauna selvatica.