Un interessante articolo del quotidiano francese Le Figaro racconta la tesi sostenuta dal neuroscienziato Michel Le Van Quyen che durante il suo confinamento pandemico, ha deciso di approfondire il perchè il nostro cervello ha bisogno della natura.
Ispirato dalla crisi sanitaria, ha indagato il funzionamento del cervello e i meccanismi alla base del nostro bisogno e scritto un affascinante libro “Cerveau et nature” edito da Flammarion nel febbraio 2022.
Michel Le Van Quyen – che dirige un gruppo di ricerca presso l’Istituto del cervello e del midollo spinale dell’Hôpital de la Pitié-Salpêtrière a Parigi e e studia i rapporti fra la dinamica del cervello, la coscienza e l’esperienza umana – sostiene che il nostro cervello cambia quando è a contatto con la bellezza del mondo naturale.
L’ “energia nutritiva” benefica della natura rende possibile una momentanea sospensione di preoccupazioni, stress e conflitti interiori.
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Perchè il nostro cervello non è fatto per vivere negli spazi urbani?
Abbiamo vissuto a lungo a contatto con la natura prima di allontanarcene.
Oggi il 70% delle persone vive nelle città.
È un fenomeno recente che risale a duecento anni fa, pochi rispetto alla storia della nostra specie, Homo sapiens, iniziata circa 300.000 anni fa.
Due secoli sono pochi affinchè il nostro cervello abituato alla natura, si adatti a uno spazio vitale totalmente artificiale, pieno di informazioni, rumori, sollecitazioni.
Il nostro ambiente è cambiato improvvisamente da verde a grigio ma non il nostro cervello che è ancora
- quello di un cacciatore-raccoglitore delle steppe del periodo paleolitico
- poco incline a vivere negli spazi urbani
- sotto l’influenza biologica di ciò che ha vissuto durante la sua evoluzione.
⇒ Questa è l’ipotesi della biofilia, che spiega come mai apprezziamo ciò che ci ha aiutato molto durante la nostra sopravvivenza.
Amiamo la natura perché abbiamo imparato ad apprezzare le cose che hanno permesso la nostra sopravvivenza: l’acqua, l’assenza di rumori, la possibilità di beneficiare di uno spazio aperto, l’alternanza notte-giorno. Tutto ciò che è più vicino al nostro ambiente di origine.
⇒ La seconda forma di spiegazione è che gli elementi naturali ci invitano a concentrare la nostra attenzione sull’ambiente che ci circonda e allo stesso tempo a smettere di pensare alla quotidianità, senza troppe stimolazioni. Questa è la teoria del ripristino dell’attenzione.
Ma quale sia la spiegazione risulta evidente che il contatto con la natura anche temporaneo, comporta benefici per la salute in tutte le sue dimensioni, fisiologiche, cognitive (miglioramento dell’attenzione e della creatività) o psicologhe (gioia, riduzione del disagio mentale, dell’ansia, della depressione).
È questa la conclusione di un articolo scritto da 26 scienziati di tutto il mondo, apparso sulla rivista Science nel 2019.
Un vero e proprio manifesto sull’impatto positivo della natura e sulla necessità di immergersi in essa fisicamente (e non virtualmente) per poterne beneficiare a pieno.
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Ma quali sono le esperienze di natura maggiormente appaganti?
Secondo Michel Le Van Quyen diverse sono le esperienze che stimolano i cinque sensi come diversi i meccanismi che mettono in atto:
- fare un bagno nelle foresta
- guardare il mare
- galleggiare nell’acqua
- osservare le prime luci dell’alba,
- contemplare le stelle
- ascoltare il silenzio delle montagne
- sperimentare la bellezza dei colori
- lasciare che i bambini giochino nella terra
Tutte situazioni che ci riportano indietro, agli albori dell’umanità, quando eravamo un tutt’uno con gli elementi naturali.
Ed è questa la ragione per cui è fondamentale beneficiarne.
Analizziamone alcune.
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♦ Fai un bagno nella foresta
C’è qualcosa di unico nell’addentrasi nella profondità di una foresta.
È un’esperienza sensoriale.
Si è immersi nel fruscio delle foglie, nell’humus della terra, nel suono del vento e degli uccelli…
Ecco perché i giapponesi evocano le passeggiate nei boschi con il termine shinrin yoku, letteralmente bagno nella foresta.
Per ottenere il massimo beneficio è necessario camminare lentamente, fare pause regolari, assorbire ogni stimolo e stimolazione che arriva dal corpo .
La calma della foresta
- sollecita il nostro sistema nervoso
- aumenta l’effetto del sistema parasimpatico( del 100% rispetto alla camminata in città) con una lentezza di battito cardiaco
- rallenta la pressione sanguigna
- riduce l’infiammazione
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♦ Sperimenta la bellezza dei colori
I colori sono una componente essenziale della nostra vita anche se a volte rimangono talmente discreti quasi dimenticati.
Scrive Michel Pastoreau: trasmettono codici, tabù, pregiudizi a cui obbediamo senza nemmeno saperlo, hanno vari significati e influenzano profondamente il nostro ambiente, i nostri comportamenti, il nostro linguaggio, la nostra immaginazione.
Dovremmo essere circondati dai colori! ma è il grigio a dominare lo sguardo, soprattutto se si vive in città.
Neutro, conformista, passe-partout, non dice nulla, non cattura l’attenzione e non soddisfa la naturale curiosità del nostro cervello.
Di nuovo la natura ci viene in soccorso offrendoci la sua ricchezza cromatica, frutto di una lunga evoluzione.
Cosa si prova davanti a tante sfumature?
Lo dicono gli studi. Un sentimento interiore di piacere legato all’estetica e connesso alla consapevolezza di noi.
Il momento in cui il cervello rileva una certa armonia tra il mondo esterno e la rappresentazione interiore di noi stessi, si ha l’impressione che quella bellezza ci tocchi dall’interno e ci assomigli.
Difronte alla crisi ecologica – scrive il neuroscienziato – ci occupiamo in modo molto scientifico della perdita di biodiversità, della distruzione della natura e del rischio di sopravvivenza dell’uomo, dimenticando l’estetica.
Qui non è in gioco solo il bene fisco. Se il nostro ambiente diventasse monotono e grigio, perderebbe di valore anche il nostro patrimonio spirituale.
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♦ Vivi al tuo ritmo
Un angolo verde invita a prendersi del tempo, rallentare le tensioni, sentire che esistiamo.
Passeggiando in mezzo ad un giardino ci lasciamo andare alla calma che infonde, alla serenità che emana dai fiori che crescono lentamente al loro ritmo.
Osservare questi processi, offre una fonte di rigenerazione.
Essere a contatto con le piante permette di comprendere le regole che ci impongono come seguire i cicli naturali.
Le stagioni esercitano una forte influenza su tutte le specie viventi.
Il loro susseguirsi modifica una moltitudine di parametri ambientali, in particolare la temperatura, la luminosità, le precipitazioni.
E anche se l’uomo è il vivente meno sensibile alla stagionalità, soprattutto nei paesi industrializzati dove la vita moderna offre grandi comfort, alcune caratteristiche della nostra specie continuano ad essere sotto l’influenza delle stagioni.
È il caso della nostra capacità di combattere le malattie – fisiche e psicologiche – che varia nel corso dell’anno con un picco in inverno.
Imparare a prendersi cura del proprio corpo, è la chiave.
Rispettare i ritmi naturali del nostro orologio interno, prendersi il tempo di respirare regolarmente, andare a letto quando ci si sente stanchi e ad un orario stabilito, riconoscere il proprio livello di energia, decelerando quando serve…
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♦ Lascia i bambini liberi di sperimentare
Oggi si stima che i bambini trascorrano in media sei volte più ore davanti gli schermi che all’aria aperta.
Una delle ragioni di questo fenomeno è la densificazione delle città che ha fatto scomparire i piccoli spazi verdi.
Ai bambini manca una foresta da esplorare, sperimentare, scoprire.
Affondare le mani nella terra, giocare con i bastoni, raccogliere le foglie, arrampicarsi.
I parchi urbani offrono una versione impoverita della natura perché mancano molti degli infiniti microrganismi benefici presenti nell’ambiente naturale che proteggono dalle affezioni esterne.
Cosa si può fare?
Arricchire il nostro microbiota con il contatto diretto con la natura.
Fare giardinaggio in un certo senso, scavare, annusare l’odore della terra umida, rende felici.
È l’effetto dei microbioti benefici che assorbiamo attraverso lamelle respirando.
Un batterio chiamato Mycobatterium vacca è naturalmente diffuso nel suolo e come riferisce uno studio inglese, aumenta la produzione di serotonina nel cervello, ormone antidepressivo.
Lasciamo allora che bambini si sporchino le mani.
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In conclusione, afferma Michel Le Van Quyen – la natura si lascia vivere soprattutto attraverso i sensi e un’immersione diretta in ogni particolare ambiente.
Prima di ogni comprensione scientifica, rimane un’esperienza personale da vivere in prima persona ricordando che non è un “esterno da noi”.
I legami tra individuo e il suo ambiente non possono essere interpretati come il rapporto esterno/interno, sé/ non sé.
Siamo immersi in un ecosistema globale che ci colonizza ed è parte integrante di noi stessi.
La vita è il frutto di una continuità biologica che va ben oltre il nostro corpo.
Ancora di più quando viviamo in un ambiente urbano, artificiale non siamo mai del tutto isolati dalla natura.
Abbiamo orologi biologici che organizzano il sonno, l’appetito, la vigilanza, l’umore.
Sono presenti nella profondità dei nostri geni.
La natura, non è solo fuori di noi è sempre dentro a causa di questo patrimonio biologico.
Nel profondo del nostro essere alla sola vista di piccoli elementi come acqua, piante, stelle, esseri animati, sentiamo subito qualcosa dentro che inizia a pulsare e vibrare.
L’esperienza nella natura è essenzialmente carnale, non intellettuale.
→ E non serve nulla di spettacolare. Bastano piccoli momenti di ascolto che devono trasformarsi poi in una pratica quotidiana nel nel lungo periodo.
Un giardino, un albero in un piazza riparata dal trambusto, piantare sul terrazzo, formare luoghi di silenzio dove godere della calma naturale e ritrovare se stessi.
Dobbiamo solo reimaparare ad ascoltare per incontrare la realtà viva.
Adottare una modalità più reattiva.
Lasciare che colori, forme, movimenti, suoni, arrivino e che l’atmosfera, il ritmo che emana dal paesaggio, ti permei, come un profumo o una musica.
Il paesaggio non è più osservato percepito ma sentito e vissuto.
La natura risuonerà come uno spazio comune in cui il mondo e il sé si incontrano.
La conservazione della biosfera è intimamente legata a questa capacità di sperimentare la natura.