600 piante si sono estinte ad un ritmo 500 volte superiore rispetto a quello naturale a causa della nostra presenza sulla Terra. Eppure quanti di noi pensano alle piante, quando si parla di specie a rischio di estinzione?
Ne parliamo appena e il loro nome ci sfugge.
La filosofia le ha spesso trascurate, per disprezzo più che per distrazione. Sono l’ornamento cosmico, l’accidente colorato e inessenziale che troneggia ai margini del campo cognitivo. Le metropoli le considerano futili soprammobili della decorazione urbana.
Fuori dalle mura della città, sono ospiti – malerbe – o oggetti di produzione di massa. Le piante sono la ferita sempre aperta dello snobismo metafisico che contraddistingue la nostra cultura.
Ma le piante osservano il reale nelle forme più ancestrali. Trasformano in vita tutto ciò che toccano, facendo della materia, dell’aria, della luce solare ciò che per il resto dei viventi diventerà lo spazio da abitare, il mondo.
Un dato che sembrerebbe aumentare in maniera esponenziale nel futuro fino ad arrivare a 10.000. Questo è il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista specializzata Nature Ecology and Evolution, realizzata dai Giardini botanici reali di Kew (Londra) e dall’Università di Stoccolma.
Chi di noi immagina che
- gli ultimi esemplari dell’albero del sandalo cileno, particolarmente sfruttato per il suo legno profumato, furono avvistati sull’isola di Robinson Crusoe nel 1908?
- la Thimsia americana, descritta per la prima volta nel 1912 nelle zone umide sabbiose che circondano il lago Calumet di Chicago è stata spazzata via dallo sviluppo della città?
- in 250 anni, da quando Linneo pubblicò lo Species Plantarum, nel 1753, abbiamo già perso 571 piante.
Fino ad ora sono state fatte molte analisi sulla possibile scomparsa di specie viventi ma nessuna di queste ha mai preso in considerazione le piante, che rappresentano il motore della Vita sulla Terra.
Ogni anno, attraverso la fotosintesi, le piante fissano una quantità di energia intorno ai 130 terawatt, ossia circa tre volte il consumo energetico dell’intera civiltà umana e trasformano all’incirca 115.000 milioni di tonnellate di carbonio atmosferico in biomassa. Le piante convertono l’inorganico in organico, la materia in vita. Stefano Mancuso
Sono le dominatrici incontrastate del nostro pianeta.
Dallo studio è anche emerso che le piante da seme si estinguono più rapidamente rispetto alle altre specie. Negli ultimi 2 secoli e mezzo, le piante da seme sono scomparse in media circa 3 specie l’anno.
Un tasso di estinzione che è fino a 500 volte più alto di quanto ci si aspetterebbe in natura.
E il numero è destinato a salire poiché non solo molte non sono note, ma potrebbero estinguersi anche prima di essere formalmente descritte.
La minaccia di estinzione incombe anche su 50.000 piante vascolari.
Il modello geografico della moderna estinzione delle piante è sorprendentemente simile a quello degli animali: tutte le principali aree di estinzione sono regioni ad alta diversità con un clima tropicale o mediterraneo, comprese le isole.
In proporzione il numero delle specie estinte dalle isole (50%) e dal Pacifico (18%) è significativamente più alto di quello previsto in base alla distribuzione globale delle piante da seme.
Ciò probabilmente riflette l’alta percentuale di specie uniche (endemiche) tra gli organismi vegetali e animali dell’isola e la loro vulnerabilità all’invasione biologica.
Grazie alle piante, la terra diventa definitivamente lo spazio metafisico del respiro. I primi a colonizzare e a rendere abitabile la terraferma sono stati gli organismi capaci di fotosintesi: i primi viventi integralmente terrestri sono i più grandi trasformatori dell’atmosfera.
La maggior parte delle piante estinte sono perenni legnose e /o provenienti dagli umidi climi tropicali o subtropicali (80% contro il 40% delle piante da seme).
Meno inclini all’estinzione sono le colleghe epifite ed erbacee perenni, probabilmente per la grande quantità o per la forza dei loro semi di resistere nel suolo.
Questi risultati mostrano anche come la moderna conoscenza circa l’estinzione vegetale sia influenzata dalla costante e storica attenzione rivolta agli alberi, motivata da interessi culturali, ecologici ed economici.
Ed è la stessa cosa che accade per gli zoologi su uccelli e pesci piuttosto che sugli insetti.
Il prof. Josef Settele scrive in un rapporto dell’ Ipbes – Agenzia dell’Onu sulla biodiversità:
La biodiversità e il contributo che la Natura regala agli esseri umani, rappresentano l’eredità e la “rete di sicurezza” più importante per l’umanità. Gli ecosistemi, le specie, le popolazioni selvatiche, le varietà locali e le razze di piante e animali addomesticate, si stanno riducendo, si deteriorano o svaniscono. La rete essenziale e interconnessa della vita sulla Terra sta diventando più piccola e sempre più sfilacciata. Questa perdita è il risultato diretto dell’attività umana e costituisce una minaccia diretta al benessere umano in tutte le regioni del mondo. Noi però abbiamo ancora i mezzi per garantire un futuro sostenibile alle persone e al pianeta.
Gli altri ecosistemi ed organismi sono in pericolo così come il benessere degli esseri umani. L’estinzione della biodiversità è una parte centrale del passato, presente e futuro del nostro pianeta.
Se è alle piante che si dovrebbe chiedere che cos’è il mondo, è perchè sono loro «a fare il mondo». Per la stragrande maggioranza degli organismi il mondo è il prodotto della vita vegetale, il risultato della colonizzazione del pianeta da parte della piante da tempi immemorabili. Non solo l’organismo animale è costituito interamente dalle sostanze organiche prodotte dalle piante, ma le piante superiori rappresentano il 90%della massa eucariotica del pianeta.
Siamo ospiti su questo pianeta quando non ci saremo più, le piante si riapproprieranno di ogni spazio. «Le piante non sembrano sfiorate da negligenze umano, ostentano un’ indifferenza sovrana verso di noi.
Il nostro mondo è un fatto vegetale, prima di essere un fatto animale.
Abbiamo condiviso questo viaggio con un bellissimo saggio, La vita delle piante. Metafisica della mescolanza di Emanule Coccia – giovane filosofo e professore presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi – che rivisita lo scontro storico tra natura e cultura partendo dall’assunto che «Il nostro mondo è un fatto vegetale, prima di essere un fatto animale».
E’ un testo che invita a riscoprire la centralità della vita vegetale e a comprendere i limiti del mondo umano rispetto a quello vegetale.
Racconta in un’intervista Emanuele Coccia
mi piace pensare al mondo come a un giardino in cui le piante non sono i prodotti ma sono proprio i giardinieri, con i quali dobbiamo confrontarci.
I primi architetti apparsi sulla Terra sono le piante.
Le piante sono gli unici esseri viventi che non smettono mai di crescere, cesellano il proprio corpo costantemente, si costruiscono sempre, si progettano sempre, si disegnano sempre.
Leggetelo, è il libro che vi cambierà il modo di vedere le cose e pensare alla vita …